Pare che sia un giorno nefasto della storia, un giorno di invasioni belliche, di esecuzioni capitali, di attentati.

Noi italiani dovremmo ricordare innanzitutto quell’11 settembre 1800 quando la patriota e massona Luisa Sanfelice venne giustiziata a Palermo dal re Ferdinando I delle Due Sicilie per i fatti della Repubblica Partenopea, e due anni dopo, l’11 settembre 1802, fu dichiarata la fine della Repubblica Subalpina, con l’annessione del Piemonte all’Impero francese. Nella nostra contemporaneità abbiamo vissuto da tristi spettatori a due eventi tragici nella storia delle società occidentali: l’11 settembre del 1973, e del 2001. Quest’ultimo costò la vita a circa 5000 esseri umani a New York, a causa di un attentato terroristico che con aerei di linea, dirottati e fatti schiantare su due grattacieli, detti Torri Gemelle, ne provocò l’intero crollo.
Da allora la storia degli Stati Uniti d’America è cambiata perché la sua politica è cambiata, subendo i riverberi in tutto il mondo. Ma anche l’altro 11 settembre, quello del 1973, causato dalla politica estera americana, ha irradiato i suoi riverberi non solo in Cile ma nel mondo occidentale perché sigillava con le armi la fine dell’esperimento per un rinnovamento della società cilena, tentato dal suo presidente della repubblica Salvador Allende.
Quale era questo esperimento?
Il tentativo di una politica inclusiva che raccoglieva, pur nell’innegabile diversità, le forze laiche e le forze cattoliche nel governo della nazione, all’insegna dell’indipendenza economica da poteri stranieri. Noi italiani dovremmo ricordare che subito dopo la tragedia cilena che inaugurò una ventennale dittatura militare, si verificò anche in Italia un tentativo analogo, che andò sotto il nome di “compromesso storico”, finito anch’esso nel sangue di uno dei suoi fautori, Aldo Moro. I tempi non erano, e non sono ancora maturi per una politica dell’inclusione, ma persiste quella identitaria ed esclusiva.
Questo è il nostro 11 settembre, e lo vogliamo ricordare con un documento drammatico nelle parole e nelle immagini. Lo ricordiamo con le ultime parole al popolo cileno che il presidente Allende, maestro massone della loggia “Hiram” n. 65 all’Oriente di Santiago, pronunziò alla Radio Magellano alle ore9:10 di quell’11 settembre, andando incontro al suo destino:
“ Sicuramente, questa sarà l’ultima occasione in cui posso rivolgermi a voi. L’Air Force ha bombardato le torri di Radio Portales e Radio Corporación. Le mie parole non hanno amarezza ma delusione e saranno la punizione morale per coloro che hanno tradito il giuramento prestato: soldati cileni, comandanti in capo, l’ammiraglio Merino, già nominato, più Mendoza, un viscido generale che solo ieri ha manifestato la sua fedeltà e lealtà al Governo, si è anche autodefinito Direttore Generale dei Carabineros. Alla luce di questi fatti, posso solo dire ai lavoratori: non mi dimetto!
Posto in un transito storico, pagherò con la vita la fedeltà al popolo. E vi dico che sono certo che il seme che consegneremo alle coscienze degne di migliaia e migliaia di cileni non potrà essere definitivamente disperso. Hanno la forza, possono sopraffarci, ma né il crimine né la forza fermano i processi sociali. La storia è nostra e la fanno le persone.
Lavoratori del mio Paese, voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, la fiducia che avete riposto in un uomo che è stato solo interprete di grandi desideri di giustizia, che ha promesso di accettare la Costituzione e la legge, e lo ha fatto. In questo momento definitivo, l’ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che approfittiate della lezione: il capitale straniero, l’imperialismo, insieme alla reazione, hanno creato il clima perché le Forze Armate rompano la loro tradizione, quella che insegnava loro il rispetto della democrazia, per riconquistare il potere per continuare a difendere i poteri e privilegi di una classe sociale conservatrice.
Mi rivolgo soprattutto alla donna modesta della nostra terra, alla contadina che ha creduto in noi, all’operaia che ha lavorato di più, alla madre che ha saputo della nostra sollecitudine per i bambini. Mi rivolgo ai professionisti della patria, ai professionisti patriottici, a coloro che da giorni continuano a lavorare contro la sedizione promossa dalle associazioni di categoria, dalle associazioni di classe per difendere anche i vantaggi che una società capitalista dà a pochi.
Mi rivolgo ai giovani, a coloro che hanno cantato e trasmesso la loro gioia e il loro spirito combattivo. Mi rivolgo all’uomo cileno, all’operaio, al contadino, all’intellettuale, a coloro che saranno perseguitati, perché nel nostro Paese il fascismo era già presente molte ore fa; negli attentati terroristici, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, di fronte al silenzio di chi aveva l’obbligo di proteggerli.
La storia li giudicherà.
Sicuramente Radio Magellano tacerà e la tranquillità della mia voce metallica non ti raggiungerà. Non importa. Continueranno a sentirlo. Sarò sempre accanto a voi ragazzi. Almeno la mia memoria sarà quella di un uomo dignitoso che era fedele agli impegni presi coi lavoratori.
Il popolo deve difendersi, ma non sacrificarsi. Il popolo non deve lasciarsi devastare o crivellare di pallottole, ma nemmeno umiliarsi.
Lavoratori del mio paese, ho fiducia nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento cerca di prevalere. Voi continuate a sapere che, prima o poi, i grandi viali attraverso i quali passa l’uomo libero si riapriranno, per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Lunga vita al popolo! Viva i lavoratori!
Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà vano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che punirà il delitto, la codardia e il tradimento. “

Nell’Italia massonica del 1973 tale evento, che provocò dibattiti nell’intero mondo massonico, a cominciare dalla Francia del Grande Oriente che si mobilitò per accogliere e sostenere i profughi, non suscitò alcuna reazione, ma pura indifferenza, se non sarcasmo. Un noto ex gran maestro dell’epoca, cui sono state accertate pesanti responsabilità nello scandalo P2, recensendo da direttore della “Rivista Massonica” il libro di Eugen Lennhof “Il Libero Muratore” (n.7-settembre 1973 p. 444) ebbe a dichiarare che «A Santiago del Cile non c’è forse il «massone Allende» il quale «rinnova la tradizione dei grandi liberatori, tutti massoni?». La predizione si è tragicamente smentita prima che l’inchiostro fosse asciutto». Era una battuta ironica che prendeva a bersaglio il libro “La politique des Franc-Maçons” allora pubblicato, di Jacques Mitterand, gran maestro del Grande Oriente di Francia, che esaltava l’opera nel sociale del massone Allende e degli altri massoni sudamericani. Questa battuta di discutibile arguzia è quanto una grande parte della massoneria italiana, già avvinghiata dai tentacoli della loggia P2, riuscì ad esprimere in quel momento drammatico.
La Massoneria del Rito Francese ricorda in questo cinquantesimo anniversario il sacrificio del Fratello Allende, fedele agli ideali massonici professati coerentemente con parole e con opere, raccogliendone il suo pesante testimone per proseguire il cammino da lui tracciato e testimoniato per la costruzione di una società migliore, che rispecchi le esigenze e le speranze dell’uomo.